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Treno, romanticamente treno

Waiting for a Train (2) di Gerry Balding

Ho una concezione ancora romantica del treno. Nonostante tutto.

Nonostante anni di pendolarismo (che credevo fossero terminati ma che, per amore, sono ricominciati), nonostante le ferrovie italiane, nonosante le ore passate su quei sedili scomodi (ma chi li ha studiati? Chi è l’ingegnere in questione? Perché uno dovrebbe stare seduto con il collo reclinato in avanti e le gambe rattrappite?), nonostante i ritardi, nonostante lo sbattimento.

Nonostante tutto ciò a me prendere il treno piace, mi piacciono le stazioni, mi piace guardare fuori dal finestrino, mi piace sapere che ho quelle ore tutte per me, che posso scrivere, leggere, dormire, ascoltare la musica, studiare. Mi piacciono i saluti, a volte mi piace partire, altre volte mi piace arrivare.

Però la mia idea romantica è sempre più minacciata, la vedo che vacilla, che rischia il tracollo, che è sull’orlo del precipizio. Perché va bene che i treni Roma-Milano ormai sono quasi come metropolitane (ce n’è uno ogni ora o anche più e ci mettono tre ore, molto in teoria…) e che il tempo è denaro quindi si sfutta al meglio e sul treno si fanno un sacco di cose, le faccio anche io. Però così sta diventando troppo. Soprattutto, io sono discreta nelle mie attività da pendolare. Invece,  negli scomodissimi spazi dei treni ad Alta velovità (nuovi?) solo nei viaggi del mese di gennaio mi sono trovata in mezzo a: una riunione di lavoro con cellulari che squillavano, tre computer portatili sul tavolino, animate discussioni su come trattare il cliente Pinco Pallo; un dramma familiare di cui la signora di fronte a me ha reso partecipi chiamandoli al cellulare nell’ordine: il fratello, la sorella, la figlia, il marito e credo la cognata, oltre me che gli stavo davanti ovviamente; la scelta della suoneria (ovviamente con volume al massimo) per il nuovo telefonino di un tardo adolescente cinquantenne; l’organizzazione dettagliata di ogni singola attività che avrebbe svolto nel week end una sedicenne truccatissima e molto impegnata; la descrizione ancor più dettagliata dell’uscita con il suo ragazzo la sera prima all’amica; il litigio con un’altra amica che a sua volta aveva litigato con la prima amica (il tutto si è svolto con voce urlacchiante nella tratta Firenze-Milano, senza soluzione di continuità). Per non parlare dei ritardi e dei mancati rimborsi che ho accumulato, perché lì il tema si fa scivoloso…

Ecco, questi i fatti più recenti, che diciamo hanno tolto un po’ di quel velo romantico sul viaggio in treno, quell’idea di spazio tutto per me, di calma e di tranquillità, di pace necessaria al cambiamento di luogo e di contesto che ogni viaggio comporta. Ma io, romantica, resto attaccata al mio ideale del “luogo tutto mio” e, imperterrita, guardo sogante fuori dal finestrino, leggo, scrivo, penso e dormo. Perché il treno, comunque, ha un suo fascino!